L’ansia e le sue sfumature: da dove cominciare per affrontarla e gestirla

Autore:

disturbo ansia come risolverlo

Cosa significa “ansia”? Come affrontarla?

Il termine ansia è molto utilizzato, ed è diventato ormai parte delle nostre conversazioni quotidiane. Se dovessimo però affrontare e approfondire meglio l’argomento da un punto di vista scientifico si può partire dicendo che il vocabolo «ansia» deriva dal latino «anxietas», il cui campo semantico inerisce alle nozioni di eccitazione, paura e irrequietezza.

In “The Meaning of Anxiety”, l’autore May concepisce l’ansia come “l’apprensione per una minaccia a qualche valore che l’individuo giudica essenziale per la sua esistenza”.

In altre parole, “Ansia”, nell’orizzonte psicologico, è un termine usato per indicare l’insieme di reazioni fisiologiche, cognitive e comportamentali che si manifestano in seguito alla percezione di uno stimolo ritenuto pericoloso. 

A livelli adeguati l’attivazione fisiologica scaturita dalla valutazione primaria di minaccia risulta adattiva nella misura in cui promuove le risorse e le capacità operative dell’individuo. 

L’ansia è invece patologica quando ostacola in maniera più o meno notevole il funzionamento psichico, limitando le capacità di adattamento della persona. È caratterizzata da uno stato d’incertezza rispetto al futuro e da sensazioni soggettive di tensione e apprensione. 

Ma quali sono i sintomi dell’ansia?

I sintomi dell’ansia possono essere suddivisi in tre categorie: 

  1. sintomi psicologici (ad esempio nervosismo, insicurezza, rimuginio e preoccupazione),
  2. sintomi fisici (ad esempio tachicardia, ipersudorazione e vertigini), 
  3. tensione motoria (ad esempio contratture muscolari e cefalea tensiva). 

Pertanto, le manifestazioni e i segnali d’ansia possono essere indagati e osservati a diversi livelli: fisiologico, verbale-cognitivo e motorio-comportamentale.

Esistono due principali differenziazioni del costrutto d’ansia:

  • ansia «di stato», cioè situazionale e transitoria, contingente a eventi esterni
  • ansia detta «di tratto», che costituisce invece un tratto stabile di personalità.

Spielberger sosteneva che l’ansia di stato indicasse «una condizione emozionale transitoria dell’individuo la quale può variare in intensità e fluttuare di volta in volta a seconda delle circostanze». 

Diversamente, l’ansia intesa come tratto si riferisce alla predisposizione dell’individuo all’ansia e alle sue caratteristiche stabili in merito allo stato di attivazione.

L’ansia come tratto di personalità sottende sistemi di convinzioni e aspettative, determinanti per la comparsa della sensazione soggettiva della stessa. Un’elevata ansia di tratto sembra essere predittiva di più frequenti aumenti nell’ansia di stato, in situazioni percepite come minacciose.

Spesso le circostanze non costituiscono un rischio effettivo e, di conseguenza, la reazione d’ansia è caratterizzata da un’intensità sproporzionata.

Preoccupazione eccessiva: il Worry

Il costrutto del Worry rappresenta la componente prevalentemente cognitiva dell’ansia ed è altresì chiamato preoccupazione eccessiva / rimuginio.

Il rimuginio (o pensiero perserativo) è costituito da una forma di pensiero ripetitivo accompagnato in molti casi dalla focalizzazione visiva di immagini relative ai possibili scenari ansiogeni. Si esplicita in forma di anticipazione e apprensione inerente all’evento considerato.

In letteratura è discusso come un meccanismo cognitivo utilizzato per gestire la disregolazione affettiva e aumentare il controllo percepito

Secondo il modello cognitivo dell’evitamento, il Worry aiuterebbe le persone a sopprimere l’emozionalità negativa, senza però sortire successo. Il Worry è l’aspetto più rilevante nella diagnosi del Disturbo di Ansia Generalizzata. 

Ma come si esce da questo ciclo di pensieri ripetitivi?

Un elemento cruciale da esaminare nella terapia focalizzata sulla preoccupazione riguarda le percezioni che il paziente nutre verso il suo processo di rimuginio.

È essenziale identificare e destrutturare le convinzioni positive legate al rimuginio il prima possibile, per evitare che queste intralcino il percorso terapeutico.

Un approccio per affrontare questa tematica consiste nell’impiego del “Diario degli Esiti della Preoccupazione” (Sassaroli, Lorenzini, Ruggiero, 2006), che incoraggia i pazienti a registrare quotidianamente i propri pensieri ossessivi, gli eventi negativi che si materializzano effettivamente e le loro reazioni ad essi.

Attraverso l’analisi del diario per diverse settimane, i pazienti iniziano a comprendere che il rimuginio non li aiuta a gestire gli eventi avversi, che tendono a verificarsi meno frequentemente di quanto temano.

Dopo aver rielaborato le convinzioni positive associate al rimuginio, si procede con l’intervento terapeutico. Tra le strategie più efficaci figura quella sviluppata da Borkovec e collaboratori (1983), che include i seguenti passaggi:

  • Insegnare ai pazienti a differenziare il rimuginio da pensieri piacevoli legati al momento attuale.
  • Assegnare un periodo di trenta minuti al giorno dedicato esclusivamente al rimuginio. Se il rimuginio emerge in altri momenti, posticiparlo al periodo designato. Durante i trenta minuti, focalizzarsi sui pensieri ossessivi cercando soluzioni pratiche.

Questo metodo si basa sull’osservazione che il rimuginio continuo durante la giornata non è scatenato da stimoli specifici, rendendo difficile per il paziente interromperlo. Si è notato, inoltre, che i soggetti inclini al rimuginio non riescono a fermare i loro pensieri ossessivi ma sono capaci di rimandarli.

Successivamente, il protocollo è stato arricchito con l’aggiunta della “zona libera dalla preoccupazione” da parte di Boutsalis, che suggerisce di iniziare con l’identificazione di un breve lasso di tempo da tenere esente dal rimuginio, per poi estenderlo man mano a momenti sempre più ampi.

Altre strategie efficaci per mitigare il rimuginio includono tecniche di rilassamento e di visualizzazione, che favoriscono una fase iniziale di desensibilizzazione verso gli eventi percepiti come minacciosi.

Cosa accomuna i disturbi d’ansia?

Ciò che accomuna i vari tipi di disturbi d’ansia è un’immotivata ed eccessiva paura, seguita spesso da comportamenti di evitamento relativi alla minaccia percepita. 

Rappresentano la categoria diagnostica più diffusa nella popolazione generale, con una prevalenza lifetime del 7,3%, associata a una significativa riduzione del livello percepito della qualità di vita. 

A dispetto di ciò che si è indotti a pensare, inoltre molti disturbi d’ansia si sviluppano in età infantile e tendono a persistere quando non curati. 

Le donne hanno una maggiore probabilità di sviluppare un disturbo d’ansia (1:2), e i tassi di prevalenza possono cambiare molto di paese in paese (Italia circa 2,4%), e tra i diversi disturbi: 

  • Disturbo d’ansia di separazione (bambini: 4%; adolescenti: 1,6%)
  • Mutismo selettivo (tra 0,03 – 1%)
  • Fobia specifica (USA: 7 – 9% ; Europa: intorno al 6%; paesi asiatici, africani e latinoamericani: 2 – 4%) 
  • Disturbo d’ansia sociale (fobia sociale) (USA: 7%; Europa: 2,3%)
  • Disturbo di Panico (USA e alcuni paesi europei: 2.3%; paesi asiatici, africani e latinoamericani: 0,1 – 0,8%) 
  • Agorafobia (1,7%)
  • Disturbo d’ansia generalizzata (USA: 2,9%, altri paesi: 0,4 – 3,6%)
  • Disturbo d’ansia indotto da sostanze/farmaci (0,002%) 

Postato in:

iscriviti alla newsletter

Rimani aggiornato gratuitamente e senza impegno su tutte le nostre iniziative, corsi e seminari.