La mindfulness e il training autogeno sono due tecniche di cui la psicoterapia può avvalersi qualora il paziente porti dei problemi legati alla sfera psicosomatica.
La Mindfulness è una rielaborazione della psicoterapia attuale di svariate pratiche millenarie di meditazione.
Il Training Autogeno, invece, nasce direttamente nel contesto della psicologia come tecnica di rilassamento per ridurre la somatizzazione degli stati emotivi.
Partiamo proprio da quest’ultimo…
Cos’è il Training Autogeno?
Il Training Autogeno, ideato dallo psichiatra tedesco Schultz, si definisce in tal modo poiché può essere svolto in autonomia dall’individuo, nonostante in un primo momento l’apprendimento della tecnica sia vincolato alla presenza di un operatore.
Consiste nell’apprendimento graduale di una serie di esercizi di concentrazione psichica passiva che permettono il realizzarsi di modificazioni di funzioni involontarie che fanno capo ai vari sistemi organici.
A livello fisiologico cosa succede?
A livello ipotalamico si produce una risposta trofotropica, che riduce l’attività neurovegetativa e aumenta il tono parasimpatico.
Questa risposta può essere indotta sia stimolando i centri ipotalamici sia riducendo gli stimoli propriocettivi che giungono dalla periferia del corpo all’ipotalamo.
Il sistema muscolo-scheletrico contribuisce più che ogni altro sistema all’invio di questi stimoli, infatti riducendo il tono muscolare si riduce anche l’attivazione ipotalamica.
Sul piano vegetativo si riduce la frequenza cardiaca e respiratoria, il tono muscolare, la pressione arteriosa e la secrezione delle ghiandole sudoripare, mentre aumenta la secrezione di sostanze gastriche e insulina.
Si genera uno stato di rilassamento e avviene la cosiddetta “commutazione autogena”, ovvero un cambiamento psicofisico globale nell’individuo, corredato di modificazioni fisiologiche e psichiche.
Concretamente come si pratica il Training Autogeno?
La pratica può essere eseguita fino a un massimo di tre volte al giorno e idealmente dovrebbe durare 15 minuti.
È caratterizzata da 6 fasi:
- pesantezza,
- calore,
- cuore,
- respiro,
- plesso solare,
- fronte fresca.
Il training inizia con una breve respirazione diaframmatica per indurre il rilassamento, e prosegue con una serie di esercizi di concentrazione, dove la persona impartisce a sé stessa una serie di formule, mirate a distendere specifiche aree corporee.
Nel primo passaggio il soggetto deve immaginare che il proprio corpo diventi gradualmente pesante, a partire dal braccio destro.
Nel secondo si realizza l’induzione di calore, ottenendo una reale vasodilatazione periferica e distensione muscolare.
Lo stato di calma si accentua poi con la regolarizzazione dell’attività cardiaca. Questa fase può risultare particolarmente difficile poiché richiede che l’individuo sia capace di discriminare i propri battiti.
Nella quarta fase l’individuo cerca di rendere il proprio respiro calmo e regolare.
Nel quinto esercizio ci si concentra sul plesso solare, una struttura nervosa situata al di sotto del diaframma, da cui il soggetto immagina che si propaghi una sensazione di piacevole calore.
Il ciclo si conclude con la fronte fresca, poiché in questo caso è la vasocostrizione a portare una piacevole sensazione calmante. Al termine della sessione si praticano gli esercizi di risveglio.
Quali benefici apporta il Training Autogeno?
Tra i benefici che il Training Autogeno arreca si annoverano l’induzione di uno stato di calma, l’autoregolazione di funzioni corporee involontarie, il recupero di energie psicofisiche, il miglioramento delle capacità mnestiche e l’autocontrollo.
Tra le applicazioni cliniche figurano gli stati di ansia, depressione, stress, gestione del dolore, etc. È altresì un buon modo per favorire il recupero delle energie psicofisiche e sostituirsi alla volontà di appisolarsi, quando questo non è fattibile.
È utile per gli sportivi per l’ansia da prestazione, la concentrazione e per preparare i muscoli riducendo il rischio di contratture e infortuni. È utile anche nei casi di insonnia ed emicrania.
Coloro per i quali la pratica è controindicata o va personalizzata sono le persone affette da cardiopatie, psicosi e le donne incinte.
Cos’è la Mindfulness?
Le pratiche di Mindfulness hanno lo scopo di coltivare il non giudizio e la consapevolezza nel qui e ora – nel presente – in modo da sfavorire le emozioni a valenza negativa.
L’attenzione viene ridirezionata sul proprio respiro, e l’individuo nota le sensazioni fisiche, i pensieri e le emozioni, adottando una prospettiva di accettazione non giudicante e concependo i pensieri come eventi effimeri e contingenti.
La mindfulness sembra promuovere comportamenti prosociali poiché facilita il “perspective taking” e l’empatia.
Vediamo ora concretamente in cosa consistono le pratiche!
Il Body Scan consiste nel portare l’attenzione sulle varie parti del corpo e sulle sensazioni emergenti. Viene praticato per coltivare la calma e la concentrazione, al fine di vivere una vita più piena e serena.
La persona è invitata a rivolgersi con gentilezza verso sé stessa e a riportare l’attenzione al proprio corpo, qualora la mente divaghi.
Il mindful breathing è l’esercizio base della Mindfulness, teso a far acquisire al soggetto consapevolezza della propria esperienza presente.
Consiste nel prestare attenzione al proprio respiro, concentrandolo in un’area del corpo in cui possa essere ascoltato in modo distinto, lasciandolo semplicemente libero, senza guidarlo volontariamente.
La meditazione seduta consente di prestare attenzione al respiro, alle sensazioni corporee, ai suoni e ai pensieri insorgenti.
Attraverso la consapevolezza del corpo e del respiro diventerà più semplice non legarsi ai pensieri, abbandonando l’ansia e le preoccupazioni per il futuro e imparando a stare nel qui e ora.
Esistono diversi esercizi e tipologie di meditazione che rientrano nella pratica della Mindfulness… Vediamone qualcuna.
L’esercizio dell’uvetta è un esercizio di consapevolezza che permette di entrare nel being mode e abbandonare la modalità del fare. Consiste nel prendere un acino di uva passa, tenerlo in mano e osservarlo come se non lo si avesse mai guardato prima. Da qui tutta una serie di esercizi di attenzione ed esplorazione dell’acino stesso.
La “meditazione di mettā” è una pratica di benevolenza volta a sviluppare compassione verso tutti gli esseri viventi. Costituisce un buon metodo per calmare la mente, essendo un “antidoto” all’ira. Chi riesce veramente a sviluppare la mettā difficilmente sarà perturbabile e potrà sopprimere la rabbia sul nascere.
Tali persone saranno più attente verso gli altri e più disposte a voler bene e amare incondizionatamente.
La Mindfulness camminata è un modo di coltivare la presenza a ogni passo, stando dentro al gesto del camminare. Può portare lucidità, intuizione, presenza, radicamento e calma interiore. Permette la presa di contatto con la terra, il cosiddetto grounding, e con il momento presente, liberandosi di progetti e preoccupazioni.
“…inspira e fai un passo, concentrando tutta l’attenzione sulla pianta del piede; non fare il passo successivo finché non sei pienamente arrivato, finché non sei nel qui e ora al cento per cento, puoi concederti il lusso di fare così. Poi, quando sei certo di essere arrivato al cento per cento nel qui e ora, in contatto profondo con la realtà, sorridi e fai il passo successivo. Quando cammini in questo modo, imprimi sul terreno la tua stabilità, la tua solidità, la tua libertà, la tua gioia. Il piede che posi è come un sigillo, il sigillo dell’imperatore. Il sigillo imprime un segno su un foglio di carta. Che cosa vediamo, osservando la nostra impronta? Vediamo il marchio della libertà, il marchio della solidità, il marchio della felicità, il marchio della vita.”
Quali sono i benefici che la Mindfulness apporta?
La mindfulness migliora l’umore, il controllo percepito sulla propria vita, la salute, l’ansia, l’intelligenza emotiva, il senso di compassione, l’attenzione, la memoria, l’infiammazione, etc.
A causa della consapevolezza amplificata che consente di acquisire, la Mindfulness potrebbe non essere indicata in alcuni casi di depressione maggiore, psicosi, traumi pregressi, o in generale quelle situazioni ove ciò di cui ci si rende consapevoli non è adeguatamente gestibile dall’individuo.
In conclusione: le differenze tra Training Autogeno e Mindfulness
Il training autogeno si concentra sulla distensione delle tensioni muscolari e contrasta ansia e stress, laddove la mindfulness prioritizza il respiro e la consapevolezza del qui e ora, come momento di presentificazione del sé a sé stesso.
La pratica di mindfulness inoltre può essere caratterizzata da un’intenzione, mentre il training autogeno lavora sull’intersecarsi di aspetti psichici e modificazioni psicofisiologiche senza porre l’accento sull’autocoscienza.
La coscienza è tale in quanto coscienza del corpo, mentre nella mindfulness è anche coscienza della mente e delle sue proiezioni intenzionali.
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